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Intervista "hard" alla band dei Fall of a Rising Sun

Abbiamo incontrato per voi i Fall of a Rising Sun (FOARS) la scorsa settimana e li abbiamo intervistati in esclusiva per BzUp.
Sono stato invitato una sera nella loro sala prove, adibita in un garage come è praticamente d’obbligo per molti gruppi locali. “Paghiamo 20 euro a testa al mese, ma è un’ottima soluzione rispetto a molte altre” dicono loro.
Appena entrati ci è apparso uno scenario a dir poco “colorato”, in cui spiccava un bel cappio appeso. “Non è roba nostra” mi rassicurano “E’ che dividiamo la saletta con un altro gruppo e l’arredo è tutto loro”. Ma bene!
In realtà ci scherziamo su, è una situazione che fa molto stile e permette di introdurci da subito nell’atmosfera che si respirerà durante la serata: amichevole diremmo… più che a un’intervista sembra di stare in campeggio intorno al fuoco e parlare del più e del meno.
Loro sono Christian Meneghini (1993) alla voce, Andrea Giovannini (1991) alla chitarra, Julian Leveghi (1994) alla batteria e Riccardo Chinaglia (1986) al basso/coro.
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Come e quando è nata la vostra passione per la musica?
GIOVA: la mia nasce quando avevo 16 anni. Ero a casa di un mio amico e lui aveva una chitarra sul letto. Io a quel tempo ascoltavo un po’ di tutto, non avevo una direzione precisa. Ho provato a suonare e mi piaceva. Ora studio al conservatorio
MENE: è una passione che ho coltivato fin da piccolo, anche se a quel tempo la vedevo più come uno sfogo personale. Cantavo anche nel coro della scuola. Poi ho iniziato ad ascoltare hip hop e rap, mi piacevano molto i ritmi cadenzati che avevano quei generi. In seguito ho avuto un’ulteriore trasformazione verso il metal, genere che mi gasava parecchio, mi riempiva di energia.
KINA: io nel mondo musicale ci sono più o meno da quando avevo 6 anni. Già quando andavo alle elementari facevo parte di un coro. Ho iniziato come cantante, ma negli anni mi sono un po’ perso fino a che verso la fine degli anni ’90 alcuni compagni di squadra mi hanno fatto ascoltare altri generi musicali. In questo modo ho imparato ad apprezzare la musica anche dal punto di vista dello strumento. Di lì ho iniziato a suonare da autodidatta e ho fatto parte di diversi gruppi.
JULIAN: guardando Festivalbar 2003 ho sentito per la prima volta una canzone degli Evanescence e ho iniziato ad appassionarmi ad un certo genere di musica. Nei primi anni ho ascoltato tanto rock e punk. Sempre nel 2003 ho iniziato a studiare all'Istituto Musicale e al Musicablu con Mario Punzi.
Come nasce il gruppo?
MENE: inizialmente io e l’ex-bassista Nicolò volevamo formare un gruppo per sfogarci. Non c’era alcun progetto futuro. Ci trovavamo un paio di volte al mese in una saletta per provare con altri due ragazzi. Dopo un po’ siamo rimasti soli e avevamo bisogno di altra gente. Il primo ad entrare nell’attuale formazione è stato Giova. Poi abbiamo dovuto cercare un batterista che sapesse suonare il nostro genere e abbiamo trovato Julian. Lui era una mitraglia già all’epoca ed era esattamente quello che serviva per il genere che suonavamo.
GIOVA: nel tempo ci sono stati diversi secondi chitarristi di passaggio, ma nessuno è mai rimasto. Deve crearsi una certa coesione nel gruppo e non sempre accade con nuovi membri. Quando ci troviamo per provare di sera è anche per passare una serata tra amici… A volte invece mancava semplicemente l’impegno da parte dei nuovi arrivati…
KINA: e nel 2013 sono arrivato io e si è creata la formazione che c’è tutt’ora.
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Un genere come il vostro è più complicato da portare all’esterno?
(si fanno una risata)
KINA: questo è praticamente il mio lavoro! E’ un grande sbattimento provare a venderci, e una gran parte dei NO deriva probabilmente da cause economiche. I locali e gli organizzatori fuori da Bolzano preferiscono far suonare gruppi della loro zona ad eventi in cui chiamano un gruppo leader esterno. In questo modo l’evento acquisisce importanza e visibilità e possono permettersi di chiedere ai gruppi locali di suonare gratuitamente. Molti mettono pure le mani avanti dicendo che magari potrebbero pagarci solo 50 euro e per noi non ne varrebbe la pena. Ma perché no? Con 50 euro ci potremmo pagare il viaggio e saremmo apposto. In generale un compromesso va sempre trovato tra il chiedere troppo e il chiedere poco. Non sempre è facile. Oltretutto molto spesso per suonare da qualche parte devi avere conoscenze. E queste in un modo o nell’altro te le devi creare.
E quindi a Bolzano è facile essere dei musicisti o no secondo voi? Ci sono possibilità per chi suona e canta?
GIOVA: io ho suonato in diversi gruppi e ho avuto diverse esperienze. A Bolzano, come in molte altre città, c’è una situazione un po’ statica. Ci sono 4-5 gruppi che si sono affermati e in cui molto spesso ci sono alcuni membri che sono gli stessi e fanno la spola tra le diverse band: si è formata una sorta di nicchia e in gran parte degli eventi suonano sempre questi gruppi. E’ un po’ una scatola chiusa, mentre la musica dovrebbe essere più che altro condivisione. Per quanto questi gruppi siano innegabilmente bravi, occupano gran parte degli spazi togliendone ad altri che magari in quanto a qualità non sono da meno. Certo, se sei una cover band o una tribute band hai molte più possibilità, mentre se fai un progetto tuo difficilmente vai da qualche parte… a meno che tu non riesca a creare un prodotto vendibile a tutti.
KINA: nonostante questo abbiamo suonato in parecchi luoghi a Bolzano e dintorni. Qualche spazio c’è e ci sono anche diverse manifestazioni locali. In zona ci sono 4-5 locali che hanno delle date definite, ma poche possibilità di suonare in generale. Per esempio se un locale fa una data al mese e in quella data ci puoi mettere al massimo 3 gruppi è ovvio che bisognerà alternarsi. C’è poi anche un discorso di soldi come dicevo prima…
GIOVA: esatto! Attualmente il problema è che molti gestori credono che basti dare ai gruppi l’opportunità di suonare. E’ un discorso che può anche valere per alcuni, ma non per tutti. Certo, l’opportunità di mostrarsi e farsi conoscere è una gran cosa, ma le band che hanno già un loro giro di pubblico portano gente ai concerti. Questo deve pur valere qualcosa… In qualunque lavoro la prestazione ti viene pagata, nel mondo dell’arte purtroppo non è così! C’è qualcosa che non funziona in questo…
JULIAN: come dice Giova, anche io ho avuto diverse esperienze in una decina di gruppi. Ho suonato per un anno con un gruppo jazz e ho fatto più concerti in quel periodo che con qualunque altro gruppo. E’ un genere che va ovunque: bar, caffè, teatri… Il mio impegno (soprattutto dal punto di vista della tecnica) in quel gruppo era inferiore a quello attuale, ma nonostante questo ero più attivo con loro che con i FOARS.
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E cosa bisognerebbe fare per aumentare le possibilità?
MENE: ci vorrebbe una collaborazione tra i gruppi.
GIOVA: il che è un po’ un’utopia
KINA: anche se…in altre realtà (Vicenza, Padova…) c’è comunque pur sempre attrito tra i gruppi musicali, ma si creano delle specie di crew di gruppi più e meno conosciuti che si spostano tra le diverse città scambiandosi le location e permettendo anche ai gruppi minori di emergere. Forse è quello che ci vorrebbe anche qui. Un’altra cosa utile sarebbe avere un bello spazio (magari gestito da un’associazione in collaborazione con il Comune) dove fare costantemente concerti e dare spazio a tutti indistintamente...
I vostri modelli invece quali sono?
KINA: Ognuno viene da una scena diversa e ha il suo background. Io per esempio vengo dal punk rock
MENE: io amo i gruppi metalcore, quelli proprio incazzati! Sono sempre stati il mio pallino fisso. Tipo i Parkway Drive o gli August Burns Red. Quelli da cui forse ho tratto più ispirazione attualmente sono invece gli Architects, il cui genere musicale è più simile al nostro.
GIOVA: io vengo dai Metallica, Megadeth, Pantera…trash metal fine anni ’80/inizio anni ’90 per intederci. Li ascoltavo molto quando sono entrato nel gruppo, poi con loro ho scoperto il metal più moderno da cui ho tratto vari elementi per adattare il mio modo di suonare.
JULIAN: per ciò che suono ora sicuramente i System of a Down, gli Slipknot, gli In Flames, i Nightwish. Poi ho conosciuto il metalcore con i Parkway Drive e da lì il mio stile è cambiato parecchio.
MENE: è stato bello vedere l’evoluzione del gruppo rispetto alle nostre basi di partenza. Ognuno ha inserito qualcosa che gli era più vicino per creare ciò che siamo e che suoniamo ora.
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Il nome del gruppo invece come è nato?
MENE: è la frase di una canzone dei Comeback Kid, un gruppo hardcore punk che ascoltavamo agli inizi. Ci piaceva l’idea di “Fall of a Rising Sun” perché è “la caduta di un sole nascente”, qualcosa di decadente, ma che allo stesso tempo cerca di rinascere.
GIOVA: un po’ simbolico…
MENE: il sole è la fonte di energia più grande che esista, energia pura che dà vita… il senso per me è molto bello. Inoltre è qualcosa di naturale e luminoso che si contrappone totalmente all’idea di oscurità e aggressività che ha spesso la gente di un genere come il nostro
E come mai non avete ancora un logo?
MENE: purtroppo ogni cosa costa…
KINA: c’è un logo in lavorazione. Non è mai stata una priorità, ma arriverà e dovrà racchiudere tutto il significato del nome che purtroppo non è un nome semplice.
Avete un obiettivo o un’aspirazione?
KINA: vedo un sacco di gruppi che hanno occasioni. Nella nostra provincia ci sono anche grandi possibilità di valorizzare generi diversi dal solito. Il mio obiettivo sarebbe quello di portare un progetto discografico (un album) in più posti possibili. Farci conoscere anche nei locali che contano, dove c’è più visibilità. Questo è sicuramente l’obiettivo finale. Le potenzialità le abbiamo, ma combattiamo parecchio per farci conoscere perché il nostro non è un genere facile. Poi ci sono dei luoghi in cui davvero terrei molto suonare: tipo Verona, Modena e Bologna.
GIOVA: ma anche suonare in piazza Walther (per l’Open Air de ilfestival studentesco 45 lo scorso marzo) è stata una bella scossa. Gran parte del pubblico è rimasto fino alla fine e abbiamo avuto parecchia visibilità.
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La prossima tappa quale sarà?
KINA: la prossima data sarà il 13 maggio al Papperlapapp insieme ai The Seeker e poi probabilmente a giugno un open air al Nologo Recording Studio di Laives
Come avete conosciuto BzUp?
KINA: su Facebook. Credo fosse un link all’interno di un’altra pagina.
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Foto di:
Manuel Montesano, Giacomo Flaim