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Il festival studentesco: ricordi di ieri, emozioni di oggi

Ricordo un pomeriggio passato a ritagliare alcuni pezzi di tessuto per ricreare quella famosa fascetta che indossava Charlie Chaplin sul suo costume da “grande dittatore” nell’omonimo film. Il bianco e nero della scena reinterpretato da due ragazzi di quinta superiore per portare in teatro un frammento di pochi minuti che sembrava significare ogni cosa. Scegliere la scena più rappresentativa di un’opera non è mai una facile operazione, ma si rende necessaria quando sai per certo che è lì, in quella manciata di minuti che giochi la tua carta. Poco tempo per salire su un palco e sfidare molte altre scuole a colpi di dialoghi, di azioni, interpretazioni.
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Nessuno di noi aveva mai recitato davanti a più di 300 persone, nessuno di noi aveva adattato, diretto e interpretato un pezzo teatrale, eppure eravamo lì, uno al centro della scena e uno dietro le quinte a far nascere un monologo che ci avrebbe regalato un inaspettato quarto posto (davvero inaspettato!). Ma chi ci pensava alla classifica in quel momento, c’era solo la voglia di sfidare sé stessi e divertirsi in modo diverso. Forse la consapevolezza di poter fare qualcosa di bello, di creare qualcosa di unico, quella capacità che è propria dell’essere umano. Essere artisti, per una volta, per cinque minuti, meno o più.
Se poi lo si fa in una competizione come è il Festival Studentesco tutto sembra acquisire una particolare importanza.
Chi ancora non lo conosce non può capire la forza di questa manifestazione, non può capire quello che succede nelle scuole durante i mesi che precedono le serate finali o il lavoro che fanno i ragazzi volontari dell’associazione Artist Club per organizzare tutto questo (c'è un documentario che ne racconta i retroscena); è difficile capire la passione che inonda questo evento senza prima avvicinarsi ad esso.
Eravamo poco più che dei diciottenni quando siamo saliti sul palco la prima volta quasi dieci anni fa e il luogo era il teatro Gries. Era stato registrato il tutto esaurito e la manifestazione si sarebbe svolta per l’ultima volta in quella sede prima di spostarsi nel rinnovato teatro Cristallo che era ben più capiente.
Sembrano tempi lontani, ma potrebbe essere oggi. Storie simili, simili passioni, stessi problemi (ogni anno c'è chi rimane senza un posto a sedere) e il festival studentesco continua a vivere per merito di chi ci lavora dietro, certo, ma soprattutto per merito di chi continua a parteciparvi con sempre maggiore passione.
Così, mentre in questi giorni si attendono con ansia le serate conclusive al Palasport di via Resia l’11 e 12 aprile (e la novità più importante sarà la nuova categoria “Festival Jam” che promette un “magico” spettacolo), si ha ancora il tempo per ripensare alle giornate appena passate a teatro e sul campo.
Chissà quanti pensieri nella testa dei ragazzi, quanti dubbi: “sarà piaciuta la mia esibizione?” “avrò vinto?” "la mia scuola come si classificherà?"
Nessuna certezza fino a sabato prossimo quando saranno rivelati i vincitori, ma un grande bagaglio da portare dentro di sé. Perché alla fine, che si vinca o che si perda, rimarrà il ricordo unico e indelebile di essere saliti su quel palco ed esserci rimasti fino alla fine. Questa è una storia del festival, una delle tante da raccontare...
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